
VIOLENZA ASSISTITA
Con la legge n. 69 del 19 luglio 2019, “Codice Rosso” (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25 luglio 2019) entrata in vigore il 9 agosto 2019, il nostro legislatore ha inteso apportare svariate “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.
Quindi il nuovo art. 572 del codice penale “Maltrattamenti contro familiari e conviventi” (modificato attraverso la cennata legge) tra le varie modifiche, al V comma, stabilisce che : «Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato”. Ciò sta a significare che è stata accettata la definizione di violenza assistita che era stata creata dalla giurisprudenza e che detto reato è stato previsto come circostanza aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia.
Già la Convenzione del Consiglio di Europa (Istanbul 11 maggio 2011) all’art. 46 aveva previsto, quale evento delittuoso quello di commettere reato ai danni dei bambini o in loro presenza, poi la successiva legge del 15 ottobre 2013 n. 119 aveva introdotto - all’art. 61 cp n. 11 quinquies – delle circostanze aggravanti nei delitti di maltrattamenti e quelli contro la vita e l’incolumità e la libertà delle persone, quando questi ultimi fossero stati commessi in danno o dinnanzi a minori di anni 18 o donne in stato gravidico. In particolare il citato art. 61 c.p. e la Convenzione di Istanbul hanno rimarcato che si era in presenza di : “violenza assistita non solo quando il minore vede e vive direttamente sul genitore le percossa, gli insulti e le minacce, le sofferenze cui il genitore è esposto, ma anche se queste violenze, pur non avvenendo direttamente innanzi agli occhi del minore sono da lui conosciute attraverso la percezione dei suoi effetti”.
Il Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso dell'Infanzia) ha precisato che “la violenza assistita da minori si verifica quando i bambini sono spettatori di qualsiasi forma di maltrattamento espresso attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minori”. Trattasi di un tipologia di violenza “indiretta, non subita in prima persona, ma subita da altri individui presenti in famiglia, ovvero, i minori possono essere esposti direttamente alle violenze o soprusi quando questi avvengono in loro presenza ; o possono averne conoscenza indiretta quando qualcuno, volontariamente o inconsciamente, li informa in proposito; o possono percepirne gli effetti quando avvertono tristezza, terrore, angoscia e un continuo stato d'allerta della vittima; o quando vedono lividi, ferite, vestiti strappati, lacrime, suppellettili rotte, ecc. È violenza assistita anche quando vengono a conoscenza, o assistono a maltrattamenti, sevizie e abbandono degli animali presenti in famiglia”.
La violenza assistita è quindi una forma di violenza domestica che si verifica ogni qualvolta un minore è costretto, ad assistere a scene di violenza - verbale o fisica - tra i propri genitori o tra quelle persone ad esso affettivamente legate. Abbiamo visto che fa parte del reato di maltrattamenti, anche se ci si trova dinnanzi ad un maltrattamento di tipo psicologico, che tanto nuoce ai minori, poiché da esso derivano una lunga serie di disagi psicofisici.
La violenza assistita può essere diretta o indiretta :
- diretta è quando il minore subisce una esperienza diretta della violenza, ovvero quando è costretto ad assistere ai soprusi, oppure quando non è tutelato adeguatamente e quindi rimane irresponsabilmente spettatore
- indiretta quando il minore è messo inconsciamente al corrente della violenza oppure è costretto a prendere consapevolezza degli episodi di violenza esercitati dal proprio padre - o comunque da una figura maschile che sta accanto alla madre, ad es. attuale compagno, ex partner - nei confronti della propria madre o di altri familiari (ad esempio fratelli o sorelle), subendo in tal modo le conseguenze pregiudizievoli delle condotte violente che vede perpetrarsi in famiglia
La violenza domestica, sia che sia diretta, sia che sia indiretta, ha numerosi effetti negativi - nei confronti dei minori colpiti - sotto vari profili : fisici, cognitivi, comportamentali (ad esempio sulle capacità di socializzazione).
Essa in particolare va a colpire :
- lo sviluppo fisico: il bambino, soprattutto in tenera età, sottoposto a forte stress e violenza psicologica può manifestare “deficit nella crescita staturo ponderale e visivi, ritardi nello sviluppo psico motorio”
- lo sviluppo cognitivo: “l’esposizione alla violenza può danneggiare lo sviluppo neuro cognitivo del bambino con effetti negativi sull’autostima, sulla capacità di empatia e sulle competenze intellettive”
- il comportamento: “la paura costante, il senso di colpa nel sentirsi in un qualche modo privilegiato di non essere la vittima diretta della violenza, la tristezza e la rabbia dovute al senso d’impotenza e all’incapacità di reagire sono conseguenze che hanno un impatto sul bambino esposto a violenza. Inoltre possono insorgere fenomeni quali l’ansia, una maggiore impulsività, l’alienazione e la difficoltà di concentrazione. Sul lungo periodo tra gli effetti registrati ci sono casi più o meno gravi di depressione, tendenze suicide, disturbi del sonno e disordini nell’alimentazione”. Come pure il bambino, una volta adulto – se l’esposizione alla violenza è stata continua -, potrà assumere la violenza e la prevaricazione come “abito mentale e strumento relazionale”.
- le capacità di socializzazione : subire violenza assistit, influenza le capacità dei più piccoli di stringere e mantenere relazioni
La tutela offerta dalla normativa prevede :
in ambito penale : oltre alle previsioni di cui all’art. 572 cp, dal punto di vista sanzionatorio, ex art. 282 bis c.p.p., il giudice potrebbe prescrivere :
- a colui che si sia reso artefice di violenza assistita, di lasciare immediatamente la casa familiare - non facendovi più rientro e non accedendovi se non previa autorizzazione -
- all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa – ad esempio: il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti –
in ambito civile : si fa riferimento agli articoli 342 bis e 342 ter c.c., i quali dispongono che : “quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, possa ordinare al coniuge o al convivente la cessazione della condotta pregiudizievole disponendone, financo, l’allontanamento dalla casa familiare, e ove ritenuto necessario, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati da coloro che hanno subito tali vessazioni” In alcuni casi, il giudice può disporre, anche l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, così come l’intervento delle associazioni che sostengono e accolgono donne e minori o altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti”, inoltre il giudice può :
- disporre la decadenza della potestà
- disporre l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, così come l’intervento delle associazioni che sostengono e accolgono donne e minori o altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti
Per concludere citiamo una sentenza della Corte di Cassazione del 29 gennaio 2015 n. 4332, che pur essendo stata emessa in epoca anteriore alla emanazione della legge n. 69 del 19 luglio 2019, “Codice Rosso”, aveva già ben tracciato e delineato i tratti salienti della violenza assistita (con ciò anticipando quanto previsto dalla nuova normativa), segnalando che : “ integrano il delitto di cui all’art. 572 c.p. non solo fatti commissivi lesivi della personalità della persona offesa, ma anche tutte quelle condotte omissive connotate da una deliberata e volontaria indifferenza e trascuratezza verso i primari e basilari bisogni affettivi ed esistenziali della prole da tutelare. Da ciò ne discende che, nel delitto di maltrattamenti può ben essere compresa e considerata la posizione passiva dei figli minori che siano “sistematici spettatori obbligati” delle manifestazioni di violenza, anche psicologica, di un coniuge nei confronti dell’altro coniuge. Le ripercussioni sui minori devono essere il frutto “di una deliberata e consapevole insofferenza e trascuratezza verso gli elementari ed insopprimibili bisogni affettivi ed esistenziali dei figli stessi, nonché realizzati in violazione dell’art. 147 c.c., in punto di educazione e istruzione al rispetto delle regole minimali del vivere civile, cui non si sottrae la comunità familiare regolata dall’art. 30 della Carta costituzionale”(cfr. C.C. 29 gennaio 2015 n. 4332).