La giurisprudenza in tema di “tutela della vittima di violenza domestica e di genere”.

La ratio della legge 69/19 cd “codice rosso” è senza dubbio quella della massima tutela alle vittime di violenza domestica e di genere, e la si  ricava dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge, in cui è scritto  testualmente: “le […]esigenze di completezza della tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, dunque, sono alla base degli interventi di modifica alle norme del codice di procedura penale.

Il disegno di legge recante Modifiche al Codice di procedura penale contiene interventi sul codice di procedura penale accomunati dall'esigenza di evitare che eventuali stasi, nell'acquisizione e nell'iscrizione delle notizie di reato o nello svolgimento delle indagini preliminari, possano pregiudicare la tempestività di interventi, cautelari o di prevenzione, a tutela della vittima dei reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e di lesioni aggravate in quanto commesse in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza”.

Gli obiettivi sono pertanto quelli di garantire l'immediata instaurazione e progressione del procedimento penale per giungere, nel più breve tempo possibile, all'adozione di provvedimenti "protettivi o di non avvicinamento" e di impedire che ingiustificabili stati procedimentali possano porre, ulteriormente, in pericolo la vita e l'incolumità fisica delle vittime di violenza domestica e di genere.

Al fine di predisporre un'adeguata tutela alle vittime dei reati in argomento e di dare attuazione alla direttiva 2012/29/UE, già il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 è intervenuto sulle modalità di assunzione delle persone in condizioni di particolare vulnerabilità (articolo 90-quater c.p.p.) nel caso in cui il pubblico ministero ritenga utile o necessario, ai fini di indagine, l'audizione medesima. 

Con il nuovo codice rosso, si intende altresì evitare vuoti di tutela e garantire alla persona offesa dai reati sopraindicati -indipendentemente dalla previsione dell’articolo 90-quater c.p.p. - di essere sentita nel più breve tempo, con la possibilità di attivare eventuali strumenti cautelari, se non ostative a primarie esigenze investigative o di tutela della medesima vittima.

Al fine di correttamente individuare il destinatario principale delle modifiche legislative, ovvero comprendere chi debba intendersi per “vittima di violenze domestiche e di genere”, un valido ausilio è venuto dalla giurisprudenza di legittimità, che ha definito ed indicato i criteri per un’interpretazione conforme alla normativa internazionale, costituzionale e rispettosa del quadro normativo interno.

Con la sentenza n. 10959 del 29/01/2016, Rv. 265893, ad esempio, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ricostruito l'evoluzione della figura della vittima del processo penale, consentendo all'interprete di desumere indicazioni chiare sui principi a tutela delle vittime nel processo penale, cui deve conformarsi l’interprete: “L'interesse per la tutela della vittima costituisce da epoca risalente tratto caratteristico dell'attività delle organizzazioni sovranazionali sia a carattere universale, come l'ONU, sia a carattere regionale, come il Consiglio d'Europa e l'Unione Europea, e gli strumenti in tali sedi elaborati svolgono un importante ruolo di sollecitazione e cogenza nei confronti dei legislatori nazionali tenuti a darvi attuazione. I testi normativi prodotti dall'Unione Europea in materia di tutela della vittima possono essere suddivisi in due categorie: da un lato quelli che si occupano della protezione della vittima in via generale e dall'altro lato quelli che riguardano la tutela delle vittime di specifici reati particolarmente lesivi dell'integrità fisica e morale delle persone e che colpiscono di frequente vittime vulnerabili. 

Tra i primi assume un posto di assoluta rilevanza la Direttiva 2012/29 UE in materia di diritti, assistenza e protezione della vittima di reato, che ha sostituito la decisione-quadro 2001/220 GAI, costituente uno strumento di unificazione legislativa valido per tutte le vittime di reato, dotato dell'efficacia vincolante tipica di questo strumento normativo. Ad essa è stata data recente attuazione nell'ordinamento interno con il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212. Tra i testi incentrati su specifiche forme di criminalità e correlativamente su particolari tipologie di vittime, assumono particolare rilievo la Convenzione di Lanzarote del Consiglio d'Europa del 25 ottobre 2007, sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, e la Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa dell' 11 maggio 2011 sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, entrambe incentrate sulla esigenza di garantire partecipazione, assistenza, informazione e protezione a particolari categorie di vittime. Come è stato osservato, la Direttiva 2012/29/UE, con il suo pendant di provvedimenti-satellite (le Direttive sulla tratta di esseri umani, sulla violenza sessuale, sull'ordine di protezione penale, tra le altre) e di accordi internazionali (le Convenzioni di Lanzarote e Istanbul, in particolare), rappresenta un vero e proprio snodo per le politiche criminali, di matrice sostanziale e processuale, dei legislatori europei”.

Con altra recentissima sentenza (n. 34091/2019, depositata il 26 luglio 2019), la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla Procura di Tivoli e dichiarando abnorme il provvedimento di rigetto del GIP dell’assunzione del richiesto incidente probatorio relativo a vittima minorenne di violenza sessuale, ha delineato la guida per l’interprete nei reati di violenza domestica e di genere: “L’importanza della tutela delle persone offese, in particolare dei reati suscettibili di arrecare conseguenze gravissime sul piano psicologico come la violenza sessuale, è da tempo avvertita e le riflessioni condotte in base ad un attento esame della realtà e con il supporto delle acquisizioni scientifiche hanno indotto le organizzazioni internazionali e gli Stati a promuoverne ed implementarne i livelli di generale protezione anche all'interno del processo penale con l'adozione di atti normativi vincolanti per i paesi membri e con la stipula di apposite convenzioni internazionali”.

La sentenza precisa che: “In tutti gli atti normativi internazionali evocati dalla decisione appena citata si afferma la necessità della tutela della persona offesa di reati come la violenza sessuale dalla vittimizzazione secondaria”, ed esplicita il quadro di riferimento che deve indurre l’interprete ad evitare la vittimizzazione secondaria che comporta un grave e ricorrente danno per le persone offese dai reati di violenza domestica e di genere. Vittimizzazione secondaria che plurime disposizioni tendono ad evitare, trattandosi di quel processo che porta il testimone persona offesa «[…]a rivivere i sentimenti di paura di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto» (Corte Cost., sent. 21/02-27/04/2018, n. 92).

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